E’ una grande soddisfazione per l’USCI tenere oggi questo convegno in una grande città del Mezzogiorno. Era dal 1997, con il nostro convegno a Catania, che non succedeva. E’ grazie al grande impegno che l’Amministrazione Comunale di Reggio Calabria sta profondendo per lo sviluppo della funzione statistica, come il Sindaco ci ha appena accennato, che oggi siamo qui a discutere di un tema che non esito a definire come la “nuova frontiera” della statistica comunale, anche se, naturalmente, non è l’unica.

Desidero anche ringraziare pubblicamente, oltre al Sindaco Scopelliti, che ci accoglie in questa magnifica sala, il collega Giuseppe Pino, vice presidente dell’USCI, che ha fortemente voluto questo appuntamento, operando con una determinazione costante, senza per questo voler apparire tra i protagonisti, lasciando peraltro la ribalta a un giovane attivissimo collega. La sua modestia non ci esime però dal richiamare qui le sue doti e dal tributargli un plauso che si merita interamente.

Ho parlato di nuova frontiera perché la questione della misurazione della customer satisfaction negli enti locali coinvolge diversi aspetti della funzione statistica sui quali mi soffermo brevemente, cercando di dare un contributo non di circostanza ai lavori del convegno, in modo da renderci tutti consapevoli del grande compito che abbiamo davanti.

Gli uffici di statistica dei comuni, come sapete, fanno parte a pieno titolo del Sistema Statistico Nazionale e quindi sono produttori di statistica ufficiale, ben definita come bene pubblico. Lo sono quando operano collaborando con l’ISTAT per l’esecuzione delle indagini previste dal Programma Statistico Nazionale, ma lo sono anche, e in un certo senso soprattutto, quando operano a sostegno delle proprie amministrazioni. E in questo caso sono tenuti a rispettare tutte le regole scientifiche e deontologiche poste a presidio della credibilità e dell’efficacia della statistica ufficiale.

Per le amministrazioni comunali disporre di una struttura e delle competenze capaci di misurare il gradimento, le performances, l’efficacia dei servizi pubblici, comunali e non solo, è un fattore di arricchimento della strumentazione di governo delle città e dei territori, è un elemento essenziale per la valutazione delle politiche pubbliche, è supporto indispensabile ai controlli di gestione. Naturalmente, è anche un impegno non indifferente, sia in termini finanziari, sia in termini di fiducia. Ma è anche infinitamente più solido di affidamenti episodici di incarichi a strutture esterne che non devono rispondere degli standard e dei requisiti della statistica ufficiale.

Impiantare un sistema continuo, strutturato, confrontabile nel tempo e nello spazio, di rilevazione delle prestazioni dei servizi comunali, compresi gli aspetti di costo e quelli di gradimento, basato sulle regole della statistica ufficiale, è anche una grande opportunità di democrazia che le amministrazioni possono offrire ai loro cittadini. Un’occasione per raccogliere feed back organizzati e non urlati, un modo per coinvolgere negli indirizzi di gestione gli utenti, una opportunità di valutazione che va al di là di quelle offerte dall’agone politico. La via maestra per certificare e argomentare i livelli della qualità della vita raggiunti nelle città, articolando, nelle varie declinazioni che possono assumere nei diversi ambiti, i giudizi troppo spesso soggettivi e generici.

Credo che la migliore conferma a questa impostazione venga proprio dalle parole del Prefetto De Sena, dolorose per certi aspetti, ma determinate ad attivare interventi efficaci.

Attivare rilevazioni sistematiche di customer satisfaction sui servizi pubblici comporta implicazioni di rilievo anche dal punto di vista organizzativo e dal punto di vista metodologico. Ma prima di tutto comporta un cambiamento strutturale dell’impostazione culturale della pubblica amministrazione, come ricordava anche il professor Biggeri nel suo messaggio. La misurazione di un qualsiasi fenomeno comporta la possibilità di valutarne gli andamenti, basandosi su elementi che vedono prevalere gli aspetti oggettivi rispetto a quelli soggettivi. La cultura della misurazione è quindi presupposto indispensabile per un’attività di governo consapevole e non casuale, per l’amministrazione che davvero vuole affermare la propria efficacia, oltre che la propria efficienza, facendo leva sui risultati (e sulle dinamiche nel tempo dei risultati) piuttosto che sulle procedure. Cultura della misurazione è quindi anche cultura del risultato. La funzione statistica delle amministrazioni locali deve allora diventare qualcosa di più della mera esecuzione di conteggi, proporsi come protagonista, ed essere riconosciuta come tale, in e da un’amministrazione moderna, insomma apportare un valore aggiunto per la democrazia.

Dicevo delle implicazioni dal punto di vista organizzativo. Se il cervello dell’attività di misurazione deve stare nell’ufficio di statistica, questo non può essere costituito come un ufficio di serie B, residuale una volta soddisfatte altre necessità. Deve essere dotato delle professionalità necessarie all’espletamento della funzione, delle attrezzature informatiche che lo rendano capace di gestire, analizzare, elaborare banche dati amministrative e dataset originali, deve godere del riconoscimento esplicito da parte delle altre strutture dell’amministrazione come soggetto di supporto trasversale all’ente.

Dicevo anche delle implicazioni metodologiche. Possono essere applicati alla pubblica amministrazione i modelli utilizzati nelle imprese private a proposito di customer satisfaction? L’utilizzo della locuzione anglofona non è più generico rispetto alla lingua italiana, dove il termine customer può essere tradotto come cliente, ma anche come utente? I modelli correntemente utilizzati sono applicabili laddove si sia in presenza di una pluralità di “prodotti”, come succede tipicamente nella pubblica amministrazione? La stessa domanda si deve porre considerando che, se analoghe possono essere le tecniche di analisi dei costi di produzione, ben diverse dovranno configurarsi laddove lo scopo del lavoro non sia il profitto bensì il soddisfacimento delle esigenze dell’utenza. E ancora: l’utilizzazione di tecniche campionarie può soddisfare le esigenze conoscitive meglio dell’indagine su popolazioni chiuse di utenti del singolo servizio? L’estrazione di campioni dalle liste anagrafiche può dare risultati migliori di altre tecniche di individuazione casuale dei rispondenti?

Su tutti questi aspetti abbiamo cercato, insieme ai colleghi dell’ufficio di statistica di Reggio Calabria, di costruire un’occasione di confronto, né celebrativa, né di circostanza. I contributi che ascolteremo cercheranno di dare risposte concrete e fornire esempi pratici di come sia possibile avventurarsi verso questa nuova frontiera. La tavola rotonda conclusiva sarà anche un momento di confronto aperto per verificare in prima battuta quanto efficace sia stato il nostro lavoro oggi e se il nostro insistere sulle risorse e sulle strutture interne sia davvero un terreno di sviluppo praticabile.

L’ impostazione che abbiamo voluto dare a questa giornata vuole essere il migliore esempio del metodo di lavoro che l’USCI ha adottato da un po’ di tempo a questa parte. Quello di mettere in secondo piano la sua funzione di testimonianza, di rappresentanza statica, ed anche un po’ monotona (se mi permettete), delle esigenze dei comuni, per passare a iniziative propositive, come quelle previste dai protocolli di collaborazione che abbiamo firmato con la DeA, con la SiS, con l’ISTAT, tre protagonisti a titolo diverso della statistica italiana che abbiamo qui oggi rappresentati ai massimi livelli. Per esempio, vogliamo, come USCI, promuovere la realizzazione di iniziative formative avanzate, di indagini pilota, di analisi ed elaborazioni originali, di utilizzazione estesa dei giacimenti dati amministrativi. Stiamo lavorando a una proposta per la realizzazione dei prossimi censimenti che veda i comuni protagonisti non solo della rilevazione ma anche della gestione dei dati e degli archivi, con la valorizzazione e l’impianto stabile di uffici strutturati. Vogliamo favorire e promuovere l’esercizio associato della funzione statistica, non solo per gli enti di piccole dimensioni ma anche tra le città e i comuni contermini. Vogliamo promuovere lo sviluppo della raccolta e della elaborazione di informazioni statistiche dettagliate sul territorio, utilizzando al meglio gli strumenti di informazione geografica disponibili e georiferendo la numerazione civica, vero momento di raccordo puntuale tra il territorio e tutti i fenomeni economici e sociali che sul quel territorio insistono. Insomma una gamma ampia di attività e di proposte che potete trovare nella rivista che abbiamo appena dato alle stampe e per le quali penso non sia sbagliato richiedere sempre maggiori adesioni alla nostra associazione, anche nella logica della costituzione delle sezioni regionali dell’USCI, strutture più vicine ai comuni, come quella che auspico possiamo far nascere a seguito di questo convegno.

La prima cosa che faremo sarà quella di pubblicare gli atti di questo convegno, prima sul nostro sito e poi sulla rivista, in modo da diffondere rapidamente le cose di grande interesse che, sono sicuro, emergeranno dai nostri lavori.

Permettetemi infine qualche parola di affetto personale, e quindi di rivolgere un grande ringraziamento e un saluto a una collega che ha lavorato per tanti anni per lo sviluppo della statistica ufficiale, una vera amica dei comuni e degli uffici comunali di statistica, che è oggi qui presente e che ci porterà il suo contributo come sempre illuminante, esortativo e propositivo. Un saluto speciale, perché la dottoressa Maria Luisa Ratiglia sta per concludere la sua esperienza lavorativa all’ISTAT e questo convegno è una delle ultime occasioni ufficiali in cui la vedremo impegnata. Grazie Marisa.